testi critici

Francesca Agostinelli
Quattordici/Quarantuno, maggio/giugno 2005
Arte Studi Clocchiatti

Guarda all'immagine corporea come al feticcio della civiltà contemporanea. Si concentra sui corpi nella certezza che attorno a questi ruotino strutture, geometrie, morfologie.
Anche sociali.
Ma in modo sottile Aldo (Ghirardello dissente e discute la tirannia che costringe l'Identità a un sembiante che unico, qualora condivido, assicura esistenze altrimenti sommersa.
E insinua con toni affilati parametri diversi, in cui il corpo perde l’autoreferenza ed è accolto in una complessa relatività, consapevole dell' irrimediabile fluire in cui tutto si consuma, anche la bellezza.
Perpetra allora lo scasso di ogni evidenza per risalire alla sostanza, così da garantire nuovi valori cui riferire vite intere, a cominciare dalla sua.
Nell’esposizione all'Arte Studio Clocchiatti Gihirardello si concentra su un mosaico di presenze che costituiscono corollario alla sua identità.
Lavora muovendo da fotografie, che dagli album di famiglia all'ufficialità della foto tessera propongono incontri, scambi, affetti che sfaccettano l'attuale e personale sua dimensione.
Marina, Francesca, Piermario, mamma e papà sorridono in posa e in un momento della loro vita preciso, trattenuto nello spazio di un rettangolino di carta.
Il sembiante di ciascuno è pretesto per un gioco sul tempo dolce e duro che libera dalla presunzione di rappresentare nell'immagine di superficie un fluire che al contrario affronta le profondità più segrete.
Ghirardello allora ingrandisce ogni frammentarietà, sgrana, quindi riprende disegnando con fare preciso i tratti di una complessità affettiva, attribuendo ad ogni presenza dimensione di esistenza attraverso la considerazione di una carsica segretezza che ogni sembiante nasconde.
Opera quindi per succcessive velature in cui la definizione fisionomico-disegnativa perde la sua connotazione per farsi labile presenza, allontanata da incorporei e traslucudi monocromi che oggi, nell'adozione del bianco, giungono agli estremi di un lungo e ricercato percorso cromatico.

Interviene quindi Ghirardello a siglare ogni brano con un rullo per decorazioni murali, garantendo la cifra stilistica che caratterizza ormai la sua pittura e che rende ogni immagine "omologata" in una fine serialità, che è appartenenza al pittore, definita e confermata da una galleria di presenze articolate nel tempo biologico di ciascuno.
Una nuova percezione si offre allora al fruitore, invitato ad una verticalità precedentemente negata da immagini chiuse nel loro autoreferenziale perimetro.
Ogni corpo dipinto pulsa, nelle nuova sua definizione, di una vita gonfia per la quale il tempo ha previsto aggiustamenti continui.
E nel mezzo?
Un fluire sotterraneo che Ghirardello insinua perpetrando affondo sottile, capace di toccare a colpi di pennello il nervo scoperto di una modernità omologante e distratta, che ci vorrebbe tutti in posa, nella stessa posa, e magari giovani, belli, eterni.
E ovviamente felici.

Francesca Agostinelli