testi critici

Enzo Santese
Aldo Ghirardello, 19 marzo / 9 aprile 2005
Galleria Artesegno, Udine

L'approdo minimalista nella ricerca di Aldo Ghirardello si incentra soprattutto nell'impianto cromatico, teso su una liturgia di sequenze che danno vita alla figura, illudendo un'idea di velo che ricopre in trasparenza il soggetto dell'opera. La pittura si connota da tempo per una consistenza fondata su più pellicole di colore, portate a creare una voluta ambiguità dell'immagine, ridotta spesso a una presenza diafana. II disegno a matita è il nucleo generatore dell'e¬vento, avvolto poi da una sottile membrana bianca che distanzia concettualmente il motivo senza fargli perdere definizione. Adesso il ritratto deriva da una focalizzazione frontale o dall'alto e sottrae al volto quelle caratteristiche che lo rendono vero, per indurlo apparentemente a un esito da cartellone pubblicitario. Qui peraltro l'artista produce una virata concettuale molto prima di arrivare a un simile approdo. Dopo aver determinato l'espressione fisionomica, spinta fino al limite di una consistenza incorporea e traslucida, Ghirardello, secondo una ritualità a lui congeniale, agisce con un rullo per decorazioni murali che, con passaggi cadenzati, crea un'altra immagine sul biancore del volto; in tal modo fonde in un'unica visione individualità dei lineamenti e serialità del motivo grafico sovrapposto e produce una doppia immagine: da una parte la realtà fisionomica che rimanda a una determinata identità, dall'altra il fregio che la omologa con le altre.

Enzo Santese