testi critici

Luigi Meneghelli
Testo in catalogo della mostra "Squilibri", marzo/aprile 1984
A cura di Pasquale di Viesti e Aldo Grazzi
Mantova, Casa del Mantegna.

Le immagini di Aldo Ghirardello sembrano inve¬ce convocare l'atmosfera della Vienna fin de siècle, con i suoi arabeschi preziosi e affollati, ma rimanda anche alle schegge lucenti della decadenza di Bisanzio e di Ravenna: figure appena accennate, impronte che nel loro abbandono diventano la metafora stessa della perdizione, tracce di una composizione in dissolvenza.
È come se lutto lo spazio della pittura fosse trascinato da un'onda che sfugge al controllo formale, da uno scorrimento che intreccia e rende solidali tutti i punti. Borges scriverebbe che "il tempo di questo luogo / non obbedisce a una regola" oppure che qui come " in una clessidra si vede la dissoluzione di un impero", dove la sabbia che cade nella clessidra è la materia in frammenti della pittura, è il pulviscolo d'oro vuotato dalle coppe e dagli occhi, è l'avventura scenografica delle figure che si dispongono invariabilmente in una prospettiva sbagliata, spinta avanti a precipizio. Ma questa caduta è come quella provocata da Zarathustra "per non perdere nulla del passato", ma soprattutto per rimettere in movimento tutto il passato dentro il solitario istante del fare.

Luigi Meneghelli