testi critici

Sabrina Zannier
Il nuovo Ghirardello dopo una meditata ricerca, 15 ottobre 1996
Messaggero Veneto

Il sonno dei Santi.
Titolo apparentemente provocatorio: lo si può leggere come constatazione del mancato seguito religioso nell'epoca contemporanea; per associazione d'idee ci può condurre alla risposta suggerita dall'ormai nota affermazione «Il sonno della ragione genera mostri», che nei Caprichos di Goja, quindi già a fine Settecento, portava in luce la scoperta dell'inconscio freudiano.
Ma il titolo della personale dell'artista udinese Aldo Ghirardello, tenutasi nello studio di via Micesio 21, non ha assolutamente nulla di provocatorio.
Il sonno dei Santi è molto più semplicemente una poetica chiave di lettura dell'ultimo lavoro di un giovane artista che fino a poco tempo fa ci appariva alla ricerca di un'identità pittorica ancora embrionale, eccessivamente legata agli stilemi segni cromatici di derivazione espressionista.
Con questa mostra, invece, abbiamo scoperto un "nuovo Ghirardello", quello emerso per l'appunto da una lunga e meditata ricerca dalla quale la pittura figurativa appare liberata dall'impulso e.dalla viscerale gestualità informale, calibrata in formalismi più controllati e guidati dal pensiero, quasi come si trattasse della puntuale citazione di reperti passati.
I riferimenti vanno all'iconografia sacra, alle figure dei Santi la cui riconoscibilità è ascrivibile ai loro archetipi e alle loro simbologie, non certo al recupero delle figurazioni di specifici artisti storici o di scuole del passato.
Ghirardello non fa la "copia da...", ma rivisita un'aura e le concede, attraverso il linguaggio contemporaneo, la dimensione a-temporale.
Lo fa appellandosi a una personale simbologia dettata dall'attenzione ad alcuni dettagli della quotidianità del suo vissuto personale, che poi diviene collettivo per le generazioni dell'oggi.
Simbologie che si elevano a filtro, a diafana pellicola di minuti segni virgolati, o di pallini rossi collegati da traiettorie tratteggiate, a memoria delle vecchie carte da parati, risolte in una texture sull'immagine di fondo, che così appare inavvicinabile e imprendibile, come sospesa oltre la storia.
I dettagli dell'intimità domestica entrano nell'opera anche come ready-made rielaborati, concedendo alla stessa una dimensione oggettuale, ma sempre ricondotta al livello bidimensionale del piano pittorico.
Basti pensare alle testate dei letti, appese a muro come ironici altarini di una sacralità rituale, al grande tavolo ovale che si catapulta in bizantino cielo notturno, ai taglieri di legno che servono le portate dei frammenti di Santi; o, ancora, alla feticistica collezione di minerali sotto una parete punteggiata da fiori finti.
Di stanza in stanza appaiono così degli ambienti in cui l'oggetto banale si metamorfizza in frammento onirico, a volte immerso in un circuito in cui il ricordo dei credo e delle manie del passato individuale e collettivo subisce l'ironia del senno di poi.

Sabrina Zannier